La fisica per strada
Scoprire la fisica in automobile e in motocicletta
La parabola è definita come il luogo dei punti del piano equidistanti da una retta, detta direttrice, e da un punto, detto fuoco, non contenuto sulla direttrice.
La luce
Modello a raggi
Modello a onde
Modello a densità luminosa
Riflessione della luce sul lago Spechtensen (Austria).
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l’angolo di incidenza i è uguale all’angolo di riflessione r ;
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il raggio incidente, quello riflesso e la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza, giacciono sullo stesso piano.
Sistema a tre specchi
Sistema con molti specchi
Ottica e matematica
“Quando si è alla guida di un veicolo bisogna tenere gli occhi aperti”. Si tratta di una raccomandazione sicuramente banale, ma che nasconde molto più di quanto ci si possa aspettare.
Non è facile spiegare nel dettaglio quello che succede quando i nostri occhi guardano il mondo, tuttavia in questa sezione cercheremo di “far luce” su alcuni fenomeni che coinvolgono la vista e la luce, inoltre vedremo come sono coinvolti nella sicurezza stradale.
Quando si studiano dei fenomeni fisici, si cerca sempre una maniera per semplificare il più possibile le situazioni, in modo da arrivare a delle conclusioni generali, che possano poi essere applicate a situazioni particolari. Abbiamo visto come nello studio della cinematica e della dinamica sia stato utile semplificare i corpi con il modello del punto materiale, quindi anche in questa sezione utilizzeremo un modello per spiegare in maniera semplice i fenomeni luminosi. Ci sono più modi per rappresentare la propagazione della luce da parte di una sorgente luminosa, ad esempio il modello a raggi, quello a onde, oppure il modello a densità luminosa.
Nessuna di queste descrizioni ha la pretesa di rappresentare la realtà dei fatti, tuttavia possiamo scegliere un modello in base alle nostre esigenze. Consideriamo ad esempio il modello che rappresenta la luce come un insieme di raggi, dove per raggio si intende una linea retta senza spessore, che indica il percorso compiuto dalla luce. Questo modello risulta utile a descrivere il fenomeno della riflessione della luce, cioè una delle possibili interazioni di una sorgente luminosa con l’ambiente che la circonda, che prevede che la luce “rimbalzi” su una superficie. Nello studio di questo fenomeno risulta più semplice considerare solo un raggio di luce che colpisce una superficie, piuttosto che considerare tutta la luce che la investe. Questa descrizione della luce risulta vantaggiosa anche per spiegare in maniera più precisa come si formano le immagini dentro il nostro occhio.
Mettere a fuoco gli oggetti
Vi siete mai chiesti come i nostri occhi riescano a distinguere nitidamente gli oggetti, a meno di qualche problema di vista (che però può essere corretto con l’ausilio di un paio di occhiali)? Consideriamo una sorgente luminosa distante da noi. Quando le visuali, cioè le linee che provengono dalla sorgente, arrivano al nostro occhio il nostro cervello modifica il cristallino contenuto nell’occhio per far convergere tali raggi divergenti in modo da ottenere un’immagine della sorgente al centro della retina.
Comunemente si dice che l’occhio ha messo a fuoco la sorgente. Questo tipo di processo è importante perché ci permette di valutare la distanza dalla sorgente. Infatti se i raggi luminosi arrivano da una sorgente a una distanza intermedia oppure vicina all’occhio, l’immagine che si crea dentro l’occhio non cadrà esattamente sulla retina ma dietro di essa. Al cervello arriverà il segnale di vista sfuocata e quindi esso farà innescare il processo che tecnicamente viene indicato con accomodazione. Per prima cosa il muscolo ciliare farà variare la forma del cristallino, poi si avrà la modifica dell’apertura della pupilla, in maniera da regolare la quantità dei raggi luminosi che entrano negli occhi, infine i bulbi oculari convergeranno simultaneamente per spostare l’immagine proiettata sulla retina.
Il cervello elabora tutte le informazioni associate a queste azioni e stabilisce a che distanza si trova l’oggetto.
Con un semplice esempio si può capire che la determinazione della distanza avviene in maniera più precisa se l’informazione proviene da entrambi gli occhi. Chiediamo ad un amico di tenere in mano una bacchetta sottile, lontano da altri oggetti. Tenendo in mano un’altra bacchetta sottile, proviamo a toccare l’estremità della bacchetta dell’amico quando essa è ad una distanza pari all’incirca a quella che riusciamo a raggiungere con il braccio teso: scopriremo che siamo capaci di compiere questa operazione con notevole precisione. Se però ripetiamo la stessa esperienza tenendo un occhio chiuso, ci accorgiamo che è molto più difficile portare a contatto le estremità delle due bacchette.
La riflessione della luce
All’inizio di questa sezione abbiamo accennato all’esistenza di un fenomeno della propagazione della luce che si chiama riflessione. Si tratta di un fenomeno che ha applicazioni importanti nel mondo dei veicoli di trasporto.
Il comportamento di un raggio di luce riflesso da una superficie riflettente è sintetizzabile in due semplici regole:
Catadiottri e catarifrangenti
Nei veicoli e per strada troviamo un esempio di sistema ottico che sfrutta la riflessione della luce. Si pensi ad esempio ai segnali che indicano la presenza di una curva sulle strade, che permettono di segnalare l’andamento della strada anche senza la presenza dell’illuminazione elettrica dei lampioni, oppure ancora alle segnaletiche stradali, ai fanalini della bicicletta e a tutti gli indicatori montati sui veicoli. Tutti questi sono esempi di dispositivi chiamati catarifrangenti.
I catarifrangenti sono delle placchette di vetro o plastica su cui sono ricavati, per stampaggio, numerosi catadiottri identici. Questi ultimi sono dei sistemi ottici passivi, formati da due specchi piani che si incontrano a formare un angolo retto, ovvero due specchi ortogonali. Per come sono costruiti, questi sistemi raggiungono la loro massima luminosità quando vengono direttamente investiti da un fascio di luce e sono in grado di riflettere la luce in direzione della sorgente emittente, qualunque sia l’angolo di incidenza.
La vista è il più potente e sofisticato dei cinque sensi e l’anatomia dell’occhio umano è notevolmente complicata. In breve il meccanismo si può spiegare in questa maniera: la luce che proviene dall’esterno, passa attraverso la pupilla dell’occhio e poi attraversa un sistema di lenti, detto liquido cristallino, che proietta l’immagine del mondo esterno sulla retina, la superficie interna dell’occhio. La retina è costituita da uno strato di cellule fotosensibili, all’interno delle quali la luce in arrivo provoca delle reazioni chimiche. Queste, a loro volta, determinano la formazione di impulsi elettrici che vengono trasmessi al cervello mediante il nervo ottico.
Vediamo come funziona un catadiottro. Abbiamo visto che in una superficie riflettente l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza dello stesso e pertanto il fascio sarà riflesso verso la sorgente solo nel caso in cui l’angolo di incidenza sia di 90°. In un catadiottro il fascio che incide sul primo specchio con un angolo β viene riflesso con lo stesso angolo in direzione del secondo specchio. Essendo gli specchi perpendicolari, l’angolo con cui il raggio riflesso incide sul secondo specchio sarà 90°-β e questa sarà anche l’ampiezza del secondo angolo di riflessione. Ne consegue che l’angolo di riflessione rispetto al primo specchio sarà uguale a β, cioè le rette che rappresentano il raggio incidente sul primo specchio e quello riflesso dal secondo sono parallele e pertanto il fascio sarà riflesso nella stessa direzione da cui proveniva.
Se la distanza della sorgente del fascio è sufficientemente grande rispetto alla grandezza degli specchi, si potrà assumere che il fascio sarà rinviato alla sorgente ovunque essa sia sul semipiano delimitato dai due specchi.
Specchi parabolici
Ci sono alcune situazioni nelle quali la sorgente luminosa è lontanissima e i suoi raggi sono praticamente paralleli gli uni agli altri, perciò, per metterla a fuoco, bisogna fare in modo di concentrare i raggi. Ad esempio questo è quello che succede agli astronomi quando studiano le stelle, essi usano dei telescopi con degli specchi molto grandi e la cui superficie ha una forma particolare che consente di far riflettere tutti i raggi in un punto solo.
Cerchiamo di capire di che forma si tratta. Sicuramente lo specchio non può essere piano, se così fosse la luce verrebbe riflessa con un angolo uguale a quello di incidenza e perciò divergerebbe. Abbiamo visto cosa succede nel caso di due specchi piani tra loro perpendicolari, in questo caso la luce riflessa sarà diretta parallelamente alla direzione di quella incidente. Potremmo pensare di affiancare tre specchi piani.
Ma il risultato è ancora quello di un catadiottro, i raggi incidenti, se paralleli, non convergono in un punto. Se però prendiamo un grande numero di specchi e li disponiamo su una linea curva le cose iniziano a cambiare.
Si vede infatti che i raggi riflessi convergono in punto. Allora è importante capire su quale curva è utile disporre gli specchi, potremmo addirittura pensare di utilizzare uno specchio intero con questa forma. La geometria ci aiuta a risolvere il problema con una curva detta parabola.
Definiamo asse della parabola, la retta passante per il fuoco e perpendicolare alla direttrice. L’asse interseca la parabola in un punto detto vertice della parabola.
Possiamo dimostrare che si tratta della curva che ci interessa procedendo a tappe.
Per prima cosa dimostriamo la proprietà focale della parabola: detto P un punto qualsiasi della parabola di fuoco F e direttrice d, e detto H il piede della perpendicolare per P a d, allora la tangente in P alla parabola, divide in parti uguali l’angolo FPH.
Bisogna dimostrare che la bisettrice dell’angolo FPH è tangente alla curva nel punto P. Consideriamo un punto Q sulla bisettrice e il punto K, piede della perpendicolare da Q a d. Per costruzione i triangoli QPH e QPF sono congruenti, quindi i segmenti QH e QF sono congruenti. Il segmento QK è minore del segmento QH perché QK è la distanza da Q a d ed è minore di qualsiasi altro segmento obliquo congiungente Q alla direttrice. Si ha quindi che QF=QH>QK e quindi il punto Q non appartiene alla parabola. Dal momento che Q è stato scelto in maniera arbitraria sulla bisettrice, si conclude che l’unico punto che sta sulla bisettrice e sulla parabola è il punto P, perciò la bisettrice coincide con la tangente alla parabola.
Se prolunghiamo il segmento PH con una semiretta r, otteniamo che l’angolo tra questa semiretta e la tangente t è opposto al vertice dell’angolo QPH e, per quello che è stato appena dimostrato, tale angolo sarà congruente all’angolo QPF. Quindi se la semiretta rappresenta il raggio di luce incidente sullo specchio a forma di parabola e il segmento PF rappresenta il raggio riflesso, allora la legge di riflessione è dimostrata e possiamo concludere che uno specchio a forma di parabola farà convergere tutti i raggi incidenti e paralleli all’asse, nel fuoco della parabola.
Nella realtà non si utilizzano specchi a forma di parabola, bensì degli specchi a forma di paraboloide, ovvero la superficie che si ottiene ruotando la parabola attorno al suo asse. Il sistema di riflessione che abbiamo descritto è quindi quello che si osserva guardando ciascuna sezione dello specchio paraboloide. Complessivamente lo specchio è in grado di far convergere tutta la luce, che incide su di esso parallelamente all’asse, nel fuoco dello specchio.
Grazie al fatto che la luce è in grado di propagarsi in entrambi i versi su un dato percorso, questa interessante proprietà dei paraboloidi può essere utilizzata anche “nel verso opposto” e trova applicazione nel mondo dei veicoli stradali. Se infatti pensiamo di mettere una sorgente luminosa nel fuoco del paraboloide, anziché averla a distanza infinita, i raggi di questa sorgente si propagheranno in tutte le direzioni, ma quelli che si rifletteranno sulle pareti del paraboloide, si propagheranno poi parallelamente all’asse dello specchio.
I fari dei veicoli sono costruiti proprio secondo questo principio e permettono di far propagare la luce della lampadina, posta nel fuoco di uno specchio a forma di paraboloide, verso l’esterno secondo percorsi paralleli, per formare un fascio stretto e intenso che può arrivare a grande distanza nello spazio.