La fisica per strada
Scoprire la fisica in automobile e in motocicletta
Forze di contatto
In questa unità didattica ci concentreremo soprattuto sulle forze di contatto, che sono più vicine all’idea di forza sviluppata nel senso pratico. Da un punto di vista puramente meccanico infatti si è soliti collegare il concetto di forza con lo sforzo muscolare che si fa per esercitare una forza, questo è il caso delle forze di contatto che provocano, oltre che variazioni di moto, anche deformazioni come allungamenti o compressioni. Ad esempio sono le forze di contatto che un ciclista esercita per far muovere la bicicletta, come quelle che esercita il motore di un veicolo per spingerlo.
Proviamo a pensare ad un oggetto come la ruota di una macchina in movimento: una forza di contatto che gioca un ruolo fondamentale nel moto della ruota è la forza di attrito.
Le forze di attrito
La forza di attrito è quella che si oppone al moto di un corpo su una superficie oppure in un fluido. La sua direzione è parallela a quella del movimento (o del tentativo di movimento), mentre il suo verso è opposto. È facile immaginare l’azione dell’attrito se si pensa al funzionamento dei freni della macchina: essi sono costituiti da un meccanismo di pinze che preme sul disco, che gira solidale alla ruota. Si genera così una forza di attrito proporzionale alla pressione esercitata dalle pinze, che ha il compito di rallentare la ruota fino a fermarla se necessario.
Tuttavia noi possiamo sperimentare la forza di attrito in ogni istante della nostra vita, infatti se non ci fosse l’attrito non potremmo nemmeno camminare e resteremmo fermi sul posto, un po’ quello che succede se ci troviamo su una lastra di ghiaccio.
Il nostro obiettivo è capire che ruolo gioca l’attrito nel movimento dei veicoli. Per farlo dobbiamo prima capire le caratteristiche generali di questa forza, poi affronteremo un dettaglio interessante che riguarda il moto di rotolamento puro.
È possibile distinguere sostanzialmente tre diversi tipi di attrito:
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l'attrito radente, che si esercita tra due superficie, per esempio tra il pneumatico e l'asfalto;
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l'attrito volvente, presente quando un corpo rotola senza slittare su una superficie;
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l'attrito viscoso, nel caso un corpo si muova dentro un fluido (liquido o gas).
Per riuscire a quantificare le forze di attrito che ci interessano, dobbiamo prima introdurre la forza normale.
Forza normale
Dal fatto che tutti gli oggetti non sprofondano verso il centro della Terra ma restano fermi su una superficie, nonostante essi siano sottoposti a una forza che li attrae verso il basso, cioè la forza peso, possiamo capire che su di essi agisce un’altra forza che li fa rimanere nella loro posizione. Infatti, affinchè un oggetto stia fermo, è necessario che la risultante delle forze agenti su esso sia nulla.
Dal terzo principio della dinamica sappiamo che se un corpo esercita una forza su una superficie, allora essa subisce questa forza e reagisce a sua volta con una forza uguale ed opposta, che chiameremo reazione vincolare.
La reazione vincolare è quindi la forza con cui un vincolo reagisce ad una sollecitazione. La sua intensità è esattamente uguale a quella della forza esercitata dal corpo sul vincolo, la sua direzione è sempre perpendicolare alla superficie del vincolo (per questo viene detta anche forza normale) e il suo verso è opposto a quello della forza esercitata dal corpo.
L'attrito radente
Se cerchiamo di mettere in moto un oggetto fermo su una superficie, possiamo percepire una resistenza. Infatti, anche se la superficie ci sembra perfettamente liscia, in realtà presenta delle irregolarità. Quando due superfici sono a contatto, gli urti tra le loro irregolarità si manifestano, opponendo una certa resistenza al moto.
Distinguiamo due tipi di attriti radenti: l’attrito statico, ovvero quello che si manifesta tra superfici in quiete tra loro e che bisogna vincere se si vuole metterli in movimento. Tale attrito raggiunge il suo valore massimo quando i due corpi a contatto stanno per cominciare a muoversi. Non appena i corpi iniziano a muoversi l’attrito diminuisce e viene chiamato attrito dinamico, che quindi è quello che si ha tra superfici in moto l’una rispetto all’altra.
dove Fr è la forza di attrito radente, il coefficiente di attrito radente e FN la forza normale al piano. Il coefficiente di attrito è una grandezza adimensionale e dipende dai materiali di cui sono fatte le due superfici a contatto e dal modo in cui sono state lavorate. Quando l'attrito statico viene vinto e il corpo inizia a scivolare, entra in gioco l'attrito dinamico. Possiamo distinguere il coefficiente di attrito radente statico da quello dinamico e si ha che il primo è sempre maggiore o uguale al secondo. Di conseguenza la forza necessaria al primo distacco (cioè quella per far sì che i corpi inizino a strisciare) è maggiore di quella necessaria a tenerli in movimento una volta che è iniziato il moto. In formule:
Sperimentalmente, se con un dinamometro misuriamo la forza necessaria a mettere in moto una cassa appoggiata al pavimento, possiamo notare che tale forza è direttamente proporzionale alla forza normale (che in questo esempio risulta uguale alla forza-peso). Questo vale anche dal momento in cui la cassa inizia a muoversi. In entrambe le situazione agirà quindi una forza del tipo:
La forza normale vale:
Affinchè la slitta proceda ad andatura costante, i cani devono vincere la forza di attrito dinamico:
Il numero minimo di cani necessari per trainare la slitta sarà quindi:
Un mezzo di trasporto utilizzato nei paesi nordici, in particolare nel circolo polare artico, è la slitta trainata da cani. Ciò è possibile poichè la forza di attrito sulla neve è molto piccola rispetto a quella che si avrebbe su una normale strada e quindi serve meno forza per trascinare la slitta a velocità costante.
Supponiamo che un eschimese voglia trasportare una cassa di massa m=400 kg. Ognuno dei suoi cani può tirare la slitta con una forza massima di 50N. Sapendo che il coefficiente di attrito dinamico tra la slitta e la neve vale 0,10, qual è il numero minimo di cani necessari per trainare la slitta una volta partita con andatura costante?
Quando invece un corpo rotola su una superficie, entra in gioco l’attrito volvente. Esso viene tralasciato in questa unità, poichè è trascurabile rispetto a quello radente. Questo ha comportato nel corso dei secoli lo sviluppo dei mezzi di trasporto dotati di ruote invece di quelli come le slitte, il cui moto genera attrito radente.
Nel caso di un corpo che si muove dentro un fluido, che può essere liquido (come l'acqua) oppure gassoso (come l'aria), entra in gioco l'attrito viscoso. Possiamo immaginarci che il mezzo in cui è immerso l'oggetto sia costituito da molte particelle, che urtano contro l'oggetto in moto. Ciò si traduce in una forza che si oppone al moto. La forza di attrito viscoso dipende dalla materia di cui sono costituiti il mezzo e il corpo, dalla forma e dimensioni del corpo e dalla sua velocità nel mezzo.
Le automobili sportive sono predisposte per raggiungere velocità molto elevate, a cui corrisponde una forza di attrito viscoso significativa. I loro profili sono studiati per ridurre al minimo l'attrito dell'aria durante il moto.
Il fatto che l'attrito volvente tra due superfici è sempre minore dell'attrito radente viene anche sfruttato in dispositivi come i cuscinetti a sfere, che si trovano ad esempio nelle sospensioni delle automobili. Gli anelli interni ed esterni possono ruotare attorno al proprio asse. La presenza delle sfere tra di loro riduce notevolmente l'attrito radente che si avrebbe se strisciassero l'uno sull'altro.
Il moto di una ruota
Veniamo quindi alla descrizione del moto di una ruota su una strada. Quando una ruota è spinta in avanti da una forza F e rotola senza strisciare, si ha che il punto di contatto tra la ruota e l’asfalto è fermo, questo è dato dal fatto che il moto di rotolamento puro si ottiene sovrapponendo due moti: uno di pura traslazione a velocità v0 e l’altro di pura rotazione con velocità angolare w=v0/R . Da tale sovrapposizione si ha che nel punto P di contatto vP=0.
Si osserva che quando la ruota rotola a velocità costante, essa non tende a strisciare e solo l’attrito volvente può frenare il rotolamento, riducendo simultaneamente sia la velocità di traslazione sia quella di rotazione della ruota in modo che il puro rotolamento si conservi fino a fine corsa. Invece nei veicoli dove il motore esercita una forza trainante sulle ruote, esse vengono accelerate da una forza e in tal caso si ha che nel punto di contatto ciascuna ruota tende a strisciare. In questa situazione sono possibili due scenari: o la ruota riesce a non slittare perché nel punto di contatto si ha attrito statico, oppure la ruota slitta e l’attrito che entra in gioco è di tipo dinamico (che si oppone allo slittamento e, riducendo progressivamente la velocità relativa fra i corpi striscianti, tenderebbe a ripristinare le condizioni di rotolamento puro). Queste osservazioni, unite a quanto detto prima sul fatto che l’attrito dinamico è sempre minore dell’attrito statico, fanno capire che un’automobile si ferma più velocemente se non si schiaccia il freno tanto da far slittare gli pneumatici sul fondo stradale.
Per questo ormai nelle automobili moderne è installato un sistema di sicurezza, l’ ABS (Antilock Braking System) che evita che le ruote si blocchino durante le frenate brusche. Grazie ad una centralina elettrica che rileva la velocità delle ruote, il sistema accerta se le ruote sono bloccate durante la fase di frenata, in tal caso aziona la pompa idraulica in modo da diminuire la forza frenante. Questo è quello che dovrebbe fare il guidatore rilasciando il piede dal pedale del freno, però nelle frenate di emergenza non ci si deve preoccupare del bloccaggio delle ruote e bisogna frenare con più forza possibile.